Riceviamo e condividiamo l’iniziativa dell’UDI Nazionale contro la guerra e per la promozione della pace.

Il 2024 ci consegna uno scenario globale caratterizzato dalla moltiplicazione dei teatri di conflitto, corsa al riarmo, distruzioni sistemiche, investimenti sempre più ingenti in spese militari. 

È tempo che la forza delle donne sia spesa, nella ri-costruzione di un discorso democratico, fondato su libertà ed eguaglianza, in Europa e nel nostro paese

Il patrimonio di idee e di esperienze politiche, di vita quotidiana accumulato dalle donne è una ricca eredità di forza, di cultura e di militanza che possiamo investire per ripensare il presente e costruire il futuro. È tempo ed è dirimente. 

Alle spinte belliciste che attraversano l’orizzonte internazionale, in questo 8 marzo, il coraggio della pace, rivendica la richiesta di un cessate il fuoco a ogni latitudine e a tempo indeterminato. 

È in questo tormentato passaggio storico e politico che alla volontà di essere protagoniste si unisce la preoccupazione di una nuova marginalizzazione delle donne. In Europa, come in Italia. 

La direttiva della Commissione europea – definita “pietra miliare” – che non prevede la criminalizzazione dello stupro in quanto basato sulla mancanza di consenso, segnala la struttura sistemica del potere e della violenza maschile un pericoloso arretramento rispetto alla Convenzione di Istanbul, ratificata anche dall’Italia. 

A questo si aggiunge una preoccupante torsione del diritto nel nostro paese, individuale e collettivo

Lo smantellamento della sanità pubblica, il desolante stato in cui versa la rete consultoriale, l’attacco alla L. 194, il taglio ai servizi sanitari e sociali, sono segni indicatori di una tendenza alla privatizzazione del diritto costituzionale alla salute. 

Dispositivo di disuguaglianze tra persone e territori destinate a esacerbarsi e cristallizzarsi con l’autonomia differenziata, in un paese in cui, già oggi, circa il 7% della popolazione rinuncia a curarsi a causa di problemi economici o per difficoltà di accesso ai servizi. 

Inoltre, la lotta delle donne esprime con urgenza la necessità di confrontarsi con il tema del lavoro. Un lavoro quasi sempre povero, precario, regolato -in larga misura- da part time involontario, misura concepita per facilitare la conciliazione tra vita e lavoro, e divenuta, invece, strumento di marginalizzazione del lavoro femminile. Ma è dal lavoro, si legge nella nostra Costituzione, che passa anche l’essere cittadine a pieno titolo. 

Assumere una nuova responsabilità politica passa anche dalla scuola, immaginata come luogo di consapevolezza critica ed emancipazione e trasfigurata, da questo governo, ad ambito di presunto “merito” in cui anche il contrasto alla violenza sulle donne non viene affrontato quale conseguenza di un assetto culturale fondato su principi di dominio e sopraffazione maschili, bensì come riscontro emergenziale nel tempo della cronaca dei quotidiani e dei social. 

Mai come in questo 8 marzo la domanda di senso sociale e politico interroga, nelle sue forme simboliche e in quelle concrete, le rivendicazioni care alle donne che intendono costruire dimensioni di vita più libere e più eque e sostenibili per il mondo intero. 

Continuiamo il cammino per i diritti, costruiamo un tempo di giustizia e di pace.


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