Il giudizio che l’Unione Donne in Italia esprime nel merito delle misure riguardanti le politiche familiari, previste nella bozza della legge di Bilancio 2024, è sostanzialmente negativo. Se l’obiettivo del governo Meloni è di mettere in campo per il tramite di tali misure un incremento della natalità, esso non sarà raggiunto. Infatti, siamo certe che a tale incremento non si giungerà laddove ancora non si propongano provvedimenti a sostegno del lavoro femminile e al superamento della disoccupazione e del precariato, oggi così grave in Italia, provvedimenti che si sostanzino in parità salariale adeguata, migliori politiche di conciliazione con i bisogni famigliari, contrasto alle molestie sul luogo di lavoro ed altro ancora.
Ci chiediamo il motivo per cui le misure governative proposte in merito alle politiche familiari riguardino mamme con due o più figli, e non anche le donne non ancora divenute madri o con un unico figlio.
Difatti la decontribuzione per le lavoratrici con più di un figlio, nonché il rafforzamento del fondo asili nido, cosi rovinati in molte regioni, riguarda solo la prima categoria che, come apprendiamo dalla Presidente Meloni, a differenza di tutte le altre ed in particolare di quella rappresentata dalle donne senza figli, hanno offerto “un importante contributo alla società”. L‘eliminazione delle quote dei contributi previdenziali a carico delle lavoratrici per un anno, se hanno due figli fino all’età di 10 anni del più piccolo, e in modo permanente per quelle con tre figli fino ai 18 anni del più piccolo, risponde poi ad una definita impostazione culturale, peraltro illusoria, che vede nelle madri con più figli il motore propulsore per modificare una società malata di denatalità.
La gratuità del nido previsto per il secondo figlio, fra l’altro, è poco chiara: in una nota del ministero dell’Economia si è semplicemente fatto riferimento a un “rafforzamento del bonus asili nido” e anche Palazzo Chigi, nel comunicato del 16 ottobre 2023 seguito al Consiglio dei ministri, parla semplicemente di un “rafforzamento del bonus asili nido” con un aumento del fondo di oltre 150 milioni. Di fatto, non vi è alcun impegno preciso sulla gratuità del nido per il secondogenito. Come nessuna risoluzione concreta è stata prospettata al problema sistemico della inadeguatezza degli asili nido in Italia – che è agli ultimi posti in Europa per strutture pubbliche in grado di accogliere i bambini – con la conseguenza che l’accudimento dei bambini grava ancora interamente sulle famiglie e in particolare su donne e nonni.
Esprimiamo inoltre le medesime perplessità manifestate da Chiara Saraceno sull’incentivo per le nuove assunzioni di mamme, giovani sotto i 30 anni
“Intanto non è chiaro per quanto tempo sarà la decontribuzione e inoltre bisognerà stare molti attenti a cosa faranno le imprese, perché nella corsa all’incentivo si rischia di vedere molte donne lavoratrici costrette alle dimissioni con la promessa della ri-assunzione, donne che però in quel modo perderebbero l’anzianità e ripartirebbero da zero”.
Chiara Saraceno
Infine, l’aumento dell’indennità di congedo parentale, che passa dal 30 al 60 per cento dello stipendio, non risolve il problema a monte: in Italia solo un uomo su tre lo richiede e si continua a perpetrare una distribuzione disomogenea dei ruoli di cura tra genitori.
Se, come rimarcato dalla Presidente Meloni nella conferenza stampa di presentazione della legge di Bilancio 2024, uno dei suoi obiettivi è anche “smontare il racconto per il quale favorire la natalità è un disincentivo al lavoro delle donne”, l’Unione Donne in Italia giunge alla conclusione che l’attenzione esclusiva per le madri, per di più non con un unico figlio, toglie centralità ai diritti e ai bisogni delle donne, che, solo se davvero sostenute nel lavoro e nelle politiche di welfare, possono pensare di divenire consapevolmente madri.
Riceviamo e condividiamo questo CS di UDI Nazionale