Leggiamo con sgomento la notizia del bimbo morto soffocato in un reparto maternità di Roma mentre la mamma si è addormentata durante l’allattamento. La famiglia straziata riporta la solitudine di questa madre, lasciata sola e inascoltata malgrado le richieste d’aiuto. La sua preghiera di portare il bambino al nido per poter riposare un po’ è rimasta inascoltata.
Si cerca di dare la colpa a lei perché aveva firmato per il “rooming-in”, per avere il bimbo nella propria camera e non nella nursery comune. Eppure dovrebbe essere evidente per tutti che attenersi a un documento firmato in momento di lucidità è abbastanza assurdo… Quando sopravvengono la stanchezza, gli ormoni e la poca lucidità che si provano dopo il parto, è tutta un’altra faccenda.
A prescindere dai documenti firmati dalla puerpera, non si dovrebbe mai ignorare una richiesta d’aiuto
Aspettando l’esito delle indagini e un eventuale controllo dei protocolli ospedalieri della struttura coinvolta, ci rimangono tante domande senza risposta. È possibile morire di violenza ostetrica o malasanità?
Perché questa neomamma non è stata ascoltata?
Si è sottovalutato il suo stato mentale e fisico dopo il parto, o non c’era abbastanza personale attivo per controllare la situazione? Il padre ha dichiarato che alla donna è stato imposto di cambiare da sola il pannolino del piccolo, malgrado il disagio e la forte stanchezza: è l’ennesima storia di banalizzazione di dolore e fatica, delle intimidazioni alla donna che purtroppo, secondo ancora troppe persone, deve partorire e stare zitta, che tanto lo fanno tutte?
Questa storia terribile è la dolorosa punta dell’iceberg del fenomeno della violenza ostetrica, che persiste nell’omertà approfittando della fragilità delle donne coinvolte. Le neomamme spesso desiderano solo tornare a casa il prima possibile. Dimenticare insulti, ingiurie, manovre e pratiche dolorose svolte sul loro corpo senza che avessero dato il consenso, la negazione dell’epidurale, la banalizzazione o la negazione del dolore e altre forme di abuso psicologico. La lista potrebbe andare avanti ancora parecchio.
Violenza ostetrica o malasanità?
Dall’altra parte c’è il personale sanitario che cerca di svolgere al meglio e con sensibilità il proprio lavoro, ma che è schiacciato da una sanità ridotta sempre più all’osso, con meno personale, un rapporto sanitari/pazienti sempre più insostenibile, dove la cura della malattia non sempre prevedere anche la cura, nel senso di accoglienza, empatia e rassicurazione, della persona.
Non vogliamo più leggere storie come quella di Roma. Vogliamo una sanità a misura di donna, libera da stereotipi ancestrali e con cure, anche a livello umano, di qualità.